Tema salute - Carenza di ferro: l'anemia marziale

 

L’anemia è una condizione di disequilibrio organico, dovuto ad un livello non fisiologico di emoglobina, che determina un inadeguato trasporto di ossigeno dei globuli rossi, le cui cause e sintomi, possono essere molteplici. Quella generata dalla carenza di ferro organico, denominata anemia sideropenica (IDA) o sideropenia o anemia marziale, è quella con maggior incidenza nel mondo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ritiene che ne siano soggette, in maniera più o meno marcata, 1 miliardo e 600 milioni di persone e che determini ogni anno circa 800.000 decessi prevalentemente in Africa e in Asia1.

In occidente la sideropenia è maggiormente rappresentata nelle donne in età fertile, dove in seguito al ciclo mestruale e a mestruazioni abbondanti, si genera una eccessiva perdita di ferro non correttamente reintegrata con l’alimentazione, o nel corso della gravidanza, in seguito alla aumentata richiesta del feto in crescita, la sideropenia è presente nel 59% della popolazione. Negli uomini l’incidenza è del 16%. Queste percentuali sono differenti nei paesi del “terzo mondo” dove gravi carenze alimentari ed eventuali parassitosi influiscono negativamente, facendo aumentare l’incidenza di questi valori.

Anche l’età rappresenta un fattore determinante per l’insorgenza dell’anemia sideropenica; sempre l’OMS stima che il 20% dei bambini tra i 0 e i 4 anni e circa il 6% tra i 4 e i 14 anni ne manifesti la sintomatologia2.

Le cause dell’anemia sideropenica sono diverse e possono essere identificate, questo sicuramente nei paesi più poveri e nei ceti sociali meno abbienti, in seguito ad un apporto non adeguato di ferro con la dieta, oppure per cattivo assorbimento di questo minerale. Ciò spiega solo in parte come questa condizione sia ampiamente diffusa anche in occidente dove l’approvvigionamento alimentare risulta essere sia quantitativamente che qualitativamente migliore.

Ci sono altri fattori che contribuiscono alla carenza di ferro. Chi segue diete che non contemplano l’assunzione di carne, fonte principale di ferro (come diete vegane vegetariane), può avere situazioni di ridotto assorbimento a causa di una minore biodisponibilità di ferro, determinata da alcune sostanze contenute nei vegetali, come i nitrati o le fibre. Questo anche se, ricordiamo, il ferro può essere assunto attraverso alcuni vegetali. Nell’alimentazione dei bambini, per fare un altro esempio, l’ingestione prevalentemente di latte, alimento con poco ferro, può favorire alcune condizioni carenziali.

Tra le cause non alimentari la presenza di patologie gastrointestinali è sicuramente tra i motivi principali alla base della sideropenia; la celiachia, il morbo di Crohn o la colite ulcerosa che riducono l’assorbimento di ferro e determinano sanguinamenti che nel tempo incidono sul livello di ferro nell’organismo. Anche altri disturbi come emorroidi, gastriti o la presenza di parassiti intestinali, possono favorire l’insorgenza di condizioni di anemia sideropenica.

Un capitolo a parte lo merita l’utilizzo reiterato di farmaci antiinfiammatori come i FANS, che possono favorire l’insorgenza di lesioni allo stomaco. Infine, alcuni interventi chirurgici che possono indurre un  minor assorbimento del ferro, tra cui la gastrectomia, in quanto riduce la produzione di acido cloridrico gastrico che crea le condizioni di acidità per rendere il ferro assimilabile3.

SINTOMI DA CARENZA DI FERRO (COME RICONOSCERLA)

La diagnosi dell’anemia sideropenica viene effettuata dal medico attraverso gli esami di laboratorio (es. emocromo, indice eritrocitario, dosaggio della transferrina e della ferritina) e, in casi particolari, dall’aspirato midollare e da altri esami che servono per identificare un possibile sanguinamento gastrointestinale (gastroscopia, colonscopia, ricerca di sangue occulto nelle feci). I sintomi più comuni che possono indurre il medico, che deve essere sempre consultato, a valutare una possibile anemia sideropenica sono: stanchezza fisica e mentale, pallore, mal di testa, vertigini, mancanza di respiro, accelerazione del battito cardiaco, perdita di capelli, unghie fragili,mal di gola, ragadi agli angoli della bocca, dolore toracico, mani e piedi freddi, formicolio alle gambe, scarso appetito5.

CARENZA DI FERRO IN GRAVIDANZA (PERCHÉ È FREQUENTE E QUANDO)

In gravidanza la donna deve ricevere circa il doppio della dose giornaliera raccomandata per l’adulto, in quanto è necessaria una maggior quantità di ferro per la produzione di globuli rossi per sé e per il bambino. La dose giornaliera consigliata in questi casi è di 27 mg al giorno di ferro, rispetto ai 18 mg comunemente richiesti4 per l’adulto. 

Questa quantità è tale da compensare il metabolismo del ferro che per i nove mesi di gestazione si quantifica in 500 mg, 300 mg dei quali destinati alla crescita del bambino, 50 mg alla placenta, mentre il restante viene perso durante la perdita di sangue che si ha durante il parto5. Questa necessità può complicarsi in presenza di parto gemellare (che può influire anche sulla sideropenia post-parto che coinvolge nei primi 4 mesi circa il 10% delle partorienti) o se compaiono alcune delle cause dell’anemia sideropenia già precedentemente descritte a parte, ovviamente, le mestruazioni. Tutto ciò può favorire l’insorgenza, se non correttamente suffragata da un adeguato apporto alimentare o integrativo, ad esempio, a parto pretermine, a infezioni o depressione postpartum e, nei casi più estremi, a ritardi di crescita nel bambino6.

COME CURARE LA MANCANZA DI FERRO

La principale cura per l’anemia sideropenica, che deve essere diagnosticata dal medico, è rappresentata in primo luogo dalla correzione delle abitudini alimentari introducendo una dieta che apporti alimenti con ferro biodisponibile o alimenti che favoriscono l’assorbimento di questo elemento. Se ciò non fosse sufficiente il medico potrà attivare altre strategie terapeutiche atte a ristabilire un’adeguata quantità di ferro. Queste sono rappresentate principalmente dall’assunzione per via orale di sali ferrosi (esempio il fumarato ferroso, il solfato ferroso e il gluconato ferroso) che presentano una buona biodisponibilità ridotti effetti avversi9.

COSA MANGIARE

Oltre a considerare cibi contenenti elevate quantità di ferro, bisogna soprattutto valutare come questo elemento risulta essere presente nell’alimento e la contemporanea presenza durante il pasto di diversi elementi nutrizionali che possono condizionare la sua biodisponibilità e il suo assorbimento a livello intestinale. La biodisponibilità del ferro, infatti, dipende da numerosi fattori: uno dei principali è rappresentato dalla sua forma, cioè se il ferro risulta essere legato (ferro EME) o no (ferro non EME) alle proteine del sangue emoglobina e mioglobina.

Se infatti risulta essere legato a queste proteine come nella carne, si trova nella sua forma più biodisponibile; esistono altre forme di ferro non legate a queste proteine, come il ferro contenuto nei vegetali e in parte anche nella forma dispersa nella carne, la cui biodisponibilità è invece più condizionata dal alcuni altri fattori, tra cui troviamo gli alimenti come gli agrumi che per il contenuto in acido ascorbico e acido citrico favoriscono l’assorbimento del ferro stesso. Tra gli alimenti che invece abbassano la biodisponibilità e l’assorbimento del ferro troviamo gli alimenti come i cereali integrali e i legumi perché contengono fitati, il tè o il cioccolato perché contengono acido tannico, il caffè per il suo contenuto di polifenoli, ma anche additivi alimentari (EDTA).

Tra gli alimenti più noti, troviamo gli spinaci che nell’immaginario comune si ritiene siano tra i vegetali più ricchi di ferro; questi vegetali  se pur validissimi per l’elevato contenuto di vitamina A e acido folico, non sono tra i più ricchi in contenuto di ferro, contenendone 2,9 mg per 100 grammi di prodotto commestibile crudo, se si considera, per esempio, che tra le verdure da “contorno” il radicchio verde ne ha 7,8 o la rucola 5,2. Il ferro degli spinaci, inoltre, viene influenzato negativamente nel suo assorbimento perché questa verdura contiene una elevata quantità di ossalati che limitano la biodisponibilità del ferro in essi contenuto. Certo la cottura può inattivare gli ossalati ma anche la vitamina C utile nell’assorbimento di questo minerale. Quindi spinaci sì ma è consigliabile mangiarli crudi, oppure cotti e conditi con limone, che migliora la biodisponibilità del ferro stesso.